Per il mio cinquantesimo compleanno, sognavo di spengere le candeline a Central Park con un dolce acquistato da Walmart a Columbus Circle. Camminare fino a Harlem attraversando tutto il parco per poi concludere la giornata sul Top of The Rock aspettando il tramonto su Manhattan.
Cenare in un piccolo locale del village dopo aver attraversato a piedi il Brooklyn Bridge e gustarmi le luci della città a Times Square.
Come alternativa avevo immaginato un On The Road a bordo di un’auto o meglio ancora a cavallo di una Harley Davidson, il sole in faccia e soltanto il rumore del vento a fare da colonna sonora.
Mi sarei fermato in un Diner qualsiasi lungo un tratto di strada polverosa dov’è non passa nessuno.
Nel parcheggio soltanto qualche pick-up sgangherati e arrugginiti, la facciata del locale logora, l’odore di benzina persistente.
Mi sarei fermato lì, spento il motore, entrato dalla porta con la campanella che avrebbe avvertito del mio arrivo, mentre una canzone di Elvis suonava nel jukebox.
Mi sarei seduto vicino al vetro della finestra che si affaccia sul parcheggio, proprio su una di quelle panchine di legno scomode in stile anni ‘50, avrei bevuto il mio caffè, chiacchierato con Barbara del più e del meno e festeggiato così i miei 50 anni prima di ripartire e affrontare le ultime miglia della Route 66 che mi avrebbero portato fino alla tappa finale della giornata.
Invece la situazione mondiale che stiamo vivendo ha drasticamente ridimensionato le mie aspettative.
Ma sapete cosa vi dico?
Alla fine dovunque festeggi i miei primi 50 anni, l’unica cosa che conta è aver ricevuto auguri e abbracci.
La vita e le persone con cui la condividiamo sono le cose più importanti e il regalo più bello l’ho ricevuto 50 anni fa.
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