Faceva freddo, avevo indossato il cappotto buono e mentre l’emozione cresceva, mi rendevo conto che da lì a poco sarei finalmente sceso dall’auto; una luccicante Fiat 500L forse più fredda dell’aria esterna, ma ero trepidante e non vedevo l’ora che l’auto si fermasse.
Mio babbo rallento dinnanzi allo stop, un solo istante prima di ripartire ingranando prima e seconda marcia con decisione, un’altra svolta a destra e fermò l’auto difronte alla scalinata del cinema.
Era buio, molte persone fuori attendevano di entrare mentre parlavano del più e del meno. Il mio sguardo si posò sulla locandina del film Biancaneve e i 7 nani, per un bambino di 8 anni come me era uguale a varcare la soglia di Disneyland.
Il film era già un classico, ma per me sarebbe stata la prima visione, me ne avevano parlato in molti e mi ero emozionato all’idea di vederlo per la prima volta.
Esco dall’auto con non poca difficoltà, mia mamma mi prese per mano e salutammo mio babbo che sarebbe tornato a prenderci più tardi.
Salgo emozionato i 4 scalini in marmo ed entrando nella hall del cinema vedo un sacco di immagini del film appese con dei chiodini alla parete della stanza. Mia mamma prende i biglietti, paga con poche lire e nonostante fosse ancora presto ci incamminiamo verso la sala.
Una porta in legno con dei vetri smerigliati si apre dinnanzi a noi, un signore barbuto strappa i biglietti e con una dolcezza unica mi scompiglia i capelli già ritti nonostante la mia giovane età.
“Divertiti figliolo, questo film ti piacerà”
Lo guardai incuriosito, non capivo perché mi avesse toccato i capelli e non nego che il gesto mi innervosì un po’, ci avevo messo del tempo per sistemarli, la mia prima volta al cinema era un evento importante.
Scelsi di andare in platea, mia mamma me lo chiese più volte, non capii neanche la differenza tra platea e galleria, ma l’idea di essere più lontano dallo schermo non mi piacque, volevo vedere negli occhi Biancaneve.
Ci sedemmo, mia mamma alla mia sinistra e un posto voto a destra, eravamo praticamente al centro della sala e da lì a poco iniziarono a riempirsi tutti i posti.
Mentre sgranocchiavo dei caldi popcorn, leccandomi le dita per togliere il sale, le luci si spensero una dopo l’altra. Il logo Disney comparve sullo schermo, gigantesco e luminoso, la sala si zittì.
Mi aspettavo di vedere le immagini del cartoon comparire da lì a poco, ma invece i miei occhi iniziarono a riflettere un’immagine che non dimenticherò mai; una prateria infinita piena di animali, che non conoscevo, non li avevo mai visti, erano bellissimi e giganteschi, una scritta bianca comparve al centro dello schermo: Yellowstone.
Fu la prima volta che vidi una parola scritta in una lingua diversa dalla mia, mia mamma non sapeva cosa volesse dire, ma capii subito che mi sarebbe rimasta impressa nella mente per sempre.
In quegli anni, prima dei cartoni animati, Disney mandava in visione un documentario che raccontava le bellezze degli Stati Uniti d’America, un paese che conoscevo già, almeno così credevo, perché con la mia famiglia passavo le serate seduto in una sedia piccola e scomoda, che a me piaceva tanto, a vedere film in Bianco e Nero con indiani e cowboy che si sparavano e si fronteggiavano in infinite battaglie.
Quei film sarebbero diventati un punto fisso nelle serate passate in famiglia, conoscevo solo quelle immagini in bianco e nero, mentre quelle colorate e selvagge del documentario sul primo parco naturale al mondo mi sconvolsero, sembrano uscire dallo schermo; mi sentivo dentro quelle pianure sconfinate, in mezzo ai bisonti. Allungai la mano per toccarli, ma la ritirai subito non appena un Geisel sbuffò vapore facendomi sobbalzare sulla sedia di legno del cinema, erano scomode, sopratutto quando mi misi in ginocchio per alzarmi di quel poco per togliere dalla mia visuale la testa della persona nella fila davanti. Non volevo perdere neanche un fotogramma di quel documentario e volevo essere certo di non dimenticare nulla di quello che la profonda voce fuori campo stava raccontando.
Il documentario durò qualche decina di minuti, alcuni non ne capirono il senso, erano lì per vedere un cartone animato, ma per me Biancaneve e i 7 nani divenne solo una pausa seppure stupenda prima della seconda visione del documentario.
E si, costrinsi mia mamma a rimanere anche per la seconda visione del film, il signore barbuto si convinse a lasciarci in sala e permetterci di quadrare ancora una volta Yellowstone.
Mi rimase impressa nella mente l’immagine dei ranger del parco; così statuari nelle loro divise impeccabili, quel cappello rotondo di colore marrone che contrastava perfettamente sulla divisa verde scuro, alcune spille attaccate alla giacca e un’infinità di informazioni raccontate con passione alla cinepresa che li stava riprendendo.
Il documentario si concluse per la seconda volta e mentre il cartoon stava per iniziare mia madre mi prese per mano per portarmi fuori, non esitai neanche un attimo, dovevo raccontare tutto a mio babbo, quelle immagini avrebbero cambiato per sempre la mente di quel bambino di 8 anni.
All’indomani convinsi i miei genitori a scrivermi agli scout, un gruppo era presente anche nel mio paese e mi sembrò il primo passo per diventare un ranger, la mente di un bambino sa rendere tutto magico. Fui felice di entrare nel gruppo degli scout e sedermi insieme ad altri bambini, tutti intorno al capo scout che raccontava storie e ci insegnava a vivere e sopravvivere in natura.
Andai avanti così per anni, capii che non sarei mai diventato un ranger, vivevo in un paese lontano e in quegli anni la possibilità di poter andare un giorno in America era dannatamente improbabile. Ma il desiderio non si assopì mai, continuai a frequentare il gruppo scout e a leggere uno dei libro che ancora oggi prendo in mano emozionandomi; “Il manuale delle giovani marmotte”. Solo chi è stato ragazzo in quel periodo ne capirà l’importanza.
Il documentario su Yellowstone lo vidi per la prima volta quando avendo 8 anni e da quel giorno ho desiderato di varcare la soglia del parco, appoggiarmi alla scritta Yellowstone National Park e farmi fotografare ripensando a quel lontano 1979; un sogno realizzato dopo ben 38 anni, quando finalmente mi ritrovai dentro a quel documentario e da dietro lo schermo vidi quel bambino di 8 anni seduto in mezzo alla sala che si metteva in ginocchio difronte alla magnificenza del parco di Yellowstone.
Non sono diventato ranger, ma nel mio secondo viaggio nel primo parco nazionale al mondo, ho ricevuto la spilla di “GEEK RANGER”, un po per scherzo donatami da un vero ranger del parco a cui curiosamente un amico ha raccontato il mio desiderio di diventare ranger nel Parco Nazionale di Yellowstone!
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